Visualizzazione post con etichetta Racconto. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Racconto. Mostra tutti i post

martedì 5 maggio 2009

Una vera epifania: lunedì 7 gennaio 2008

Stavo preparando il convegno del 17 gennaio 2008 “Legalità e Dignità. La legalità a garanzia e tutela dei diritti dell’uomo e del cittadino” , pubblicato sul sito www.csachieti.it e aspettavo dalla Fondazione “Rita Levi Montalcini” una risposta in merito alla partecipazione dell’illustre Senatrice al convegno in parola.
L’attesa era tanta e la risposta, dati i numerosi impegni della Prof.ssa Montalcini, tardava ad arrivare, quando la mattina del 4 gennaio la d.ssa Giuseppina Tripodi, fidata e fedele collaboratrice della scienziata, mi confermava che il Presidente della CPS di Chieti, Dino Serafini, ed io, docente referente della Consulta, saremmo stati ricevuti dalla Professoressa presso la Fondazione Levi Montalcini a Roma, lunedì 7 gennaio 2008.
Il viaggio Chieti – Roma, con l’allora Segretaria della Consulta, è stato contraddistinto dall’attesa e dalla trepidazione per un incontro certamente unico, irripetibile e indimenticabile: un Premio Nobel, non solo per la medicina (1986). Un vero Premio Nobel anche per la vita: Donna esemplare di vivacità intellettuale, di fulgido coraggio e ingegno, di dedizione e abnegazione, modello per le giovani generazioni che hanno perso, o non hanno mai avuto, il senso della dignità della propria persona.
A Roma dinanzi alla Fondazione abbiamo incontrato il Dott. Fabrizio Franceschelli, regista della trasmissione “Chi l’ha visto?” di Rai2, il quale ha curato le riprese di quell’incontro e la registrazione del messaggio che la Senatrice ha voluto rilasciare agli Studenti di Chieti.
L’incontro è stato per me molto emozionante. La semplicità dei modi, l’umiltà dell’approccio, il calore umano testimoniato verso i giovani Studenti, la lucidità della mente che si è espressa in un fiume di parole consone e pertinenti hanno fatto sì che non solo si confermassero la stima e la grande ammirazione che nutrivo nei confronti della prof.ssa Levi Montalcini, ma che esse aumentassero.
Attesto che il Presidente e la Segretaria della Consulta, intervenuti in rappresentanza di tutti gli Studenti della provincia di Chieti a quell’incontro, hanno provato gli stessi sentimenti ed emozioni.
Concludo affermando che il 7 gennaio 2008 si è celebrata per noi una vera epifania.

Gabriella Toritto

mercoledì 11 marzo 2009

Destinazione Brennero

I rastrellamenti dei Tedeschi a Tollo

Era il dicembre del ‘43 ed erano lì riparati. Erano tutti lì sotto. C’erano uomini, donne, bambini, anche neonati. Già, Renzo Brunetti era nato da poco. Erano spaventati, sì, ma anche fiduciosi dell’arrivo degli alleati.
Si diceva che sarebbero arrivati per l’8 dicembre, festa della Madonna Immacolata. Erano tutti a casa di Tito Lombardi (zio Tito), Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Tollo. Tito ospitava i suoi parenti e compaesani. Nella cantina della sua casa, parte del palazzo della baronessa Nolli (allora adibito anche come campo di internamento di una novantina di confinati politici slavi), in prossimità del sagrato della chiesa madre di Tollo, la famiglia Lombardi aveva offerto rifugio ai parenti Brunetti, ai Toritto, ai Masciarelli, ai Polidori, al dottor Mazzoccone e alle sue figlie, al parroco, Don Giorgio Santone, alla di lui sorella, Laurina, e ad altri compaesani, in tutto circa un centinaio di persone. Vi erano anche i Caruso, Ida e Rocco Marini. Erano tutti lì, rifugiati nella grotta.
Attendevano di essere liberati. Ma la festa dell’Immacolata era ormai trascorsa ed erano ancora nascosti e sempre più dubbiosi. Fu così che la sera del 12 dicembre, temendo il peggio, Don Giorgio, ispirato e in gran segreto, con le fedelissime pie donne Fedora Ciccotelli, Rosina Brunetti e Laurina Santone, si recò nella chiesa grande della Maria Santissima Assunta, per “consumare”, insieme, tutte le “particole”, ovvero le ostie, e per evitare che queste rimanessero incustodite in preda agli ultimi tragici atti bellici che ci sarebbero stati di lì a poco.
I tedeschi erano in paese da tempo. Tollo aveva conosciuto con loro il campo di internamento. Aveva visto razzie, rastrellamenti, uccisioni. I Tedeschi irrompevano nelle case delle famiglie inermi, cercando uomini e viveri, quando andava bene.

Il vecchio Tommaso Brunetti (mio nonno materno) più volte li aveva visti entrare in casa. Tremava al solo pensiero, non per sé, ma per le due giovani figlie: Italia (chiamata Italina, mia madre) e zia Rosina. E’ stato un uomo fortunato Tommaso! E’ stato sempre rispettato. Il figlio Amelio riuscì anche a sfuggire alla “caccia all’uomo“, dovendo provvedere alla moglie, Gasperina, incinta, e agli allora piccoli quattro figli.

Amelio Brunetti (zio Amelio), grazie a nonno Tommaso, che perorò per lui, rimase accanto alla propria famiglia anche quando il giorno di Santa Lucia, il 13 dicembre del 1943, i Tedeschi entrarono nel rifugio. Già, per quelle famiglie, lì riparate, non vi fu la tanto attesa liberazione. Durante i combattimenti sul Sangro, esattamente nei pressi di Lanciano, la forte resistenza dei tedeschi rallentò l’avanzata degli alleati.

“Shnel, shnel”, intimarono i nemici con i fucili puntati. Iniziò così lo sfollamento per Tollo. Uno ad uno, uomini, donne, bambini, furono costretti ad uscire da quel rifugio al fine di evitare il peggio.
La famiglia Lombardi restò ancora per alcuni giorni in paese, obbligata a spostarsi presso la segheria Mancinelli, mentre la propria casa veniva requisita e trasformata in comando tedesco .. .
Tutte le altre famiglie furono forzate a scendere nella piazza del paese e lì indotte a salire su due camion. Era sera inoltrata. Era buio. Gli uomini furono in buona parte rastrellati. Ad Amelio Brunetti fu concesso di restare assieme ai propri cari. Il più piccolo dei suoi figli, Renzo, aveva solo 25 giorni.
La casa dei Brunetti era proprio lì in piazza e i Tedeschi concessero ad Amelio di rientrare nella propria abitazione per prendere un po’ di viveri e qualche coperta. Ma Amelio si attardava e i Tedeschi avevano fretta. Volevano allontanarsi dal paese al più presto. Temevano l’arrivo degli alleati. Amelio, uscendo di casa, era lento, camminava a fatica. Il sacco di farina e le coperte pesavano. Un tedesco, urlando minaccioso, gli andò contro per puntargli il fucile in petto. Allora Anna (mia cugina, poi divenuta suora), di nove anni, la più grande dei figli di Amelio, si scagliò contro il soldato e gli morse una mano. Il tedesco, poco prima tanto bellicoso, doveva essere anch’egli padre, poiché comprese il gesto e accarezzò il capo della fanciulla.
I camion, diretti a Chieti e carichi delle famiglie Brunetti, Toritto, Ciccotelli, Marini, Caruso, Santone e Mazzoccone, fecero appena in tempo ad allontanarsi dal centro del paese quando la piazza fu bombardata.
A Chieti Scalo gli sfollati vennero raccolti nella Manifattura di Tabacco, piena di pidocchi, dove restarono per due, tre giorni. Furono raggiunti dai Lombardi e dai Piattelli la notte del 15 dicembre.
Il 17 dicembre del ‘43 furono tutti caricati su carri bestiame alla stazione di Chieti Scalo con destinazione Brennero.
Pieni di pidocchi, affamati, annullati della loro dignità, pigiati in vagoni freddi e sporchi, spaventati per il loro destino, attraversarono l’Appennino abruzzese, diretti a Roma. Passando per Sulmona, Collarmele, Celano, Tagliacozzo, persone degne e solidali si recarono in stazione per offrire, al passaggio del treno della morte, pane, latte, acqua, olio.
Ah! L’olio! Annina Lombardi aveva visto scivolare dalla mano di uno dei suoi figli una bottiglia d’olio che finì a terra riversandosi tutta e frantumandosi.

Allora l’olio era raro, merce preziosa, così come la farina! Ci potevi campare.

Ma ciò che più affliggeva il cuore della donna era il cattivo presagio dell‘olio riverso a terra. Così si diceva in Abruzzo. E così fu.
Quella guerra, quello sfollamento, quella bottiglia d’olio finita a terra costarono ad Annina Brunetti Lombardi la perdita di un bellissimo figlio.

A Roma Gasparino Masciarelli e famiglia scesero per essere ospitati da amici. Don Giorgio Santone e la sorella Laurina scesero a Firenze , dove avevano un fratello.
Da Firenze il treno, risalendo verso nord, proseguì per Bologna, passando per ponte Lago Oscuro, sul Po, procedendo verso il Brennero.
Era notte quando attraversarono il Po. Dati i tempi, nonno Tommaso Brunetti invitò tutti ad osservare il grande fiume con attenzione, poiché allora a degli sfollati appariva “evento irripetibile!” Ma fu difficile scrutare il fiume attraverso l’oscurità della notte e le fessure del carro bestiame.

Intanto il treno proseguiva la sua corsa attraverso la pianura nebbiosa e fredda. I passeggeri erano sempre più stremati. Erano in viaggio da una settimana. Era notte fonda quando vi fu l’ennesima fermata.
Italia Brunetti, mia madre, avvertì fra le parole concitate dei soldati tedeschi… Vicenza ……. Ebbe un tuffo al cuore … Forse si era sbagliata a capire?
Si animò di tutto il coraggio possibile. Avanzò verso i soldati tedeschi e chiese in quale fermata fossero. Le confermarono di essere giunti alla stazione di Vicenza. Allora, rivolgendosi sempre ai militari, li pregò di poter parlare con il cognato Michele Ventrella, impiegato nell’Economato delle Ferrovie di Verona ma residente a Vicenza.
La sua richiesta fu accolta e a notte inoltrata Michele, dopo avere riabbracciato le cognate Costanza e Italia, riuscì a negoziare con i Tedeschi, facendo scendere non solo i suoi più stretti familiari: i Toritto, i Brunetti, i Ciccotelli, i Lombardi, ma anche la parentela più lontana.
La notizia si sparse subito di vagone in vagone e molti furono i compaesani che ottennero di scendere in quella stazione.
I Tollesi furono ospitati a Vicenza e dintorni, mentre il treno riprese la sua folle corsa: destinazione Brennero.
Era il 23 dicembre. Di lì a pochi giorni sarebbe stato Natale. Il Natale del ‘43 per la città di Vicenza fu memorabile a causa del terribile bombardamento delle fortezze volanti, i B29 degli alleati!

Alle famiglie vicentine che ospitarono gli sfollati, questi ultimi parvero senza vita. La solidarietà fu lodevole. Vicenza, Malo, Arzignano, Sandrigo, Schio misero a disposizione case, scuole per l’accoglienza; coperte, cibo per la sopravvivenza; tutto il cuore per far sentire meno soli gli sfollati.
Per anni gli sfollati hanno raccontato ai loro figli e ai loro nipoti l’orrore della guerra, nonché la grandezza di tanta generosità ed ospitalità.
Anche queste sono pagine di storia.
Si ricordano per le testimonianze rese:
Italia Brunetti, Anna Brunetti, Tommaso Brunetti, Ivonne Lombardi Ambrosini, Costanza Toritto, Ilda Ventrella Scatena, Edgardo Lombardi.

N.B.: Chi dovesse riconoscersi nel racconto è pregato di scrivere al blog e di fornire ulteriori indicazioni.