giovedì 4 febbraio 2010

Il castello

Incastonato fra guglie
di bianca roccia tagliente,
stagli le merlate torri nel cielo terso,
testimone di antiche e altere gesta.

Turris eburnea,
culla di memorabili narrazioni,
gratuito dono dalla notte dei tempi,
improvvisa appari allo sguardo
fra intrecci di rami e cespugli
che oscurano la tua vista.

Prezioso scrigno,
memore di notti insonni,
rimbomba ancor fra le tue stanze
un solitario suon di corno
fra il corazzar di mille antenne
e grida e canti e salmi: ferro e fuoco.

Il tuo Signor non alberga più
e tu resisti,
mentre immensi e infiniti cieli
avanzano e velocemente corrono in eterno.

mercoledì 16 settembre 2009

Albino, il micio miopino

Un giorno due giovani gatti innamorati misero al mondo un bel gattino. Lo chiamarono Albino, poiché, con loro grande sorpresa, il suo pelo era bianco, ma così bianco da sembrare un fiocco di neve.
Sembrava un fiocco di neve forse perché era ancora inverno quando nacque.
Insomma Albino era proprio un bel gattino. Aveva due grandi occhi teneri e profondi, faceva le fusa e cresceva sereno.
Ma un brutto giorno si ammalò e mamma e papà gatto piansero lacrime amare.
Lo portarono dal professor Gattone, eminenza grigia della pediatria felina, che esordì dicendo: “Uhmm! Miao, miao. Si tratta di una patologia molto rara e capricciosa. Va curata con medicine costose, che possono anche essere nocive. Sarebbe meglio recarsi all’estero dove la ricerca è avanzata”.
Mamma e papà gatto non erano poi così ricchi da portare Albino all’estero ma si impegnarono e fecero grandi sforzi affinché il proprio cucciolo non corresse il rischio di diagnosi e terapie errate.
Così volarono verso il Cat’s Hospital di Goston City, famoso in tutto il mondo, dove Albino incontrò tanti gattini di tutte le razze. Venne curato e fu ricoperto da mille attenzioni.
Ricevette bellissimi regali: una cat’s car, un videogame, orsetti di peluche e un teatrino di legno dai mille vivaci colori con tante marionette in maschera.
I genitori accompagnarono Albino anche all’Aquarium dove il piccolo imparò a riconoscere tanti pesci e mammiferi. E lo condussero anche all’Osservatorio Astronomico dove Albino pianse disperatamente non riuscendo a vedere la cometa di Harley.
Ci vollero tanti anni prima che Albino guarisse. Qualche cicatrice si intravedeva ancora ma era pur sempre un bel micio. Solo lui non ci credeva finché un giorno incontrò una micia molto carina. Si chiamava Roxana.
Roxana proveniva da una campagna lontana. Incontrò Albino per i campi in primavera e si sa come vanno le cose per i gatti in primavera. Si innamorarono e Roxana ripeteva all’infinito: “Come sei bello, Mon Amour. Come sei bello, Dou, Dou!”
Quando Albino tornava nella sua tana, cercava subito un pozzo d’acqua per specchiarsi e per controllare quanto fosse bello. Ma ogni tentativo era inutile: si vedeva sempre più brutto. Tra sé e sé pensava: “Come può Roxana dire che sono bello? Forse mentirà”
Ma accadde che un giorno Roxana mise al mondo tanti cuccioli di gatto.
Ve n’era uno bianco, bianco. Bianco come un fiocco di neve. Eppure era primavera!
Albino fu felice della sua "nidiata" e finì per amare in particolare quel cucciolo bianco, bianco, che gli assomigliava tanto! Era proprio bello!
Fu allora che mamma gatto, ormai vecchia, gli disse: “Hai vissuto un’intera vita a vederti brutto e ora ami e ammiri proprio il gattino che più ti somiglia! Finalmente comprendi che lo specchio mentiva e che erano i tuoi occhi a non voler vedere”.
In amore esse alicui

La bottega delle meraviglie

C'era una volta un paese lontano dove viveva una fanciulla umile e laboriosa, bella come il sole.

Nel villaggio si indicevano spesso feste in onore del figlio del Re, un giovane leale e valoroso. I giovani si incontravano, si divertivano; ma quella povera fanciulla rimaneva estranea ad ogni festeggiamento. Doveva lavorare per vivere, non poteva riservare il suo tempo prezioso per futili distrazioni!

Inoltre, povera com’era, che cosa avrebbe potuto indossare? Come adornarsi?
Una mattina sul davanzale della sua camera un usignolo iniziò a svolazzare e cinguettare così forte che Rosy,
così si chiamava la fanciulla, si affacciò per ammirarlo.
L’usignolo improvvisamente si mise a parlare e suggerì a Rosy di partecipare ai festeggiamenti che di lì a poco sarebbero stati indetti in onore del principe ereditario. Le disse che, per imbellettarsi, avrebbe potuto recarsi presso la Bottega delle mille meraviglie, famosa in tutto il reame per la qualità dei prodotti e la convenienza dei prezzi, dove ogni desiderio diveniva realtà.
Rosy era pur sempre una giovane donna; le sarebbe piaciuto moltissimo partecipare ma, dovendo lavorare, non disponeva di molto tempo per sé.
Dunque non poteva recarsi presso la rinomata bottega. L’usignolo la tranquillizzò: “La Bottega delle mille meraviglie offre un servizio speciale con corriere postale, veloce e sicuro. Potrai ricevere tutto in poco tempo!”
La fanciulla si lasciò convincere e, quando giunse il magico pacco, scoprì quanto fossero giusti e motivati i consigli dell’usignolo. Anche il drappo dorato e la pochette erano una vera e propria magia!
Bastava solo aspettare…
La data dei festeggiamenti fu stabilita e Rosy partecipò anche lei, più bella e radiosa che mai fra quei colori cerise bonbon perlato, perla di rosa, glitter oro, idratante luce d’oriente, carezze di seta, immersa in una pioggia inattesa e giocosa di luci dorate.
Così si avviò verso il palazzo reale, avvolta da una raffinata sinfonia di note profumate e amorose che la travolse assieme al principe, facendo di lei la donna più felice del reame. 

Multis variisque perfuncta laboribus

mercoledì 15 luglio 2009

Il topo e il serpente

Tommaso era un topo vivace e ficcanaso, che finiva sempre in un mare di guai. Era più forte di lui la curiosità che lo spingeva ad ardite avventure.
Un giorno, stanco dei piccoli lavori domestici cui era delegato, disse alla sua mamma: “E’ una bella giornata piena di sole, vado per i campi a giocare”
“Mi raccomando, Tommaso,
- ripeté più volte la madre – non avvicinare chi non conosci. Gioca solo con i topini che frequenti abitualmente!”
A Tommaso non parve vero. Scorazzò in lungo e in largo, libero per i campi in fiore. Sostò ai piedi degli alberi. Riprese le sue corse, finché, stanco, si sdraiò a prendere un po’ di sole nei pressi di un masso.
Quando riaprì gli occhietti, vide dinanzi a sé un serpentello verde brillante, che si ergeva a scrutarlo. “Ehi, e tu chi sei?” – chiese allarmato Tommaso – “Da dove salti fuori?”
Il serpente, vanitoso e spiritoso, rispose: “Sono Gabriello, il serpentello più bello della radura. Giochiamo assieme? A me piace fare tanto a nascondino!”
Tommaso rifletté: “Uhm … Beh …Si dà il caso che sia ormai tardi e che mia madre mi aspetti”. “Oh! Non andare via, ti prego – esclamò Gabriello il serpentello più bello – Amico mio, fammi compagnia ancora per un po’. Mia madre è lì, vicino al ruscello. Sta cambiando l’abito, vieni a vedere!”

Tommaso, sorpreso, volle curiosare. Ma, timoroso, non si avvicinò al corso d’acqua. Da lontano poté osservare con grande meraviglia la muta di mamma serpe la quale, più vanitosa del figlio, si specchiava nelle acque limpide e fresche, mentre il suo vecchio abito cadeva a brandelli pezzo dopo pezzo.

Il topo, a quella vista, scappò di corsa a casa e, non potendo nascondere l’accaduto, esordì: “Mammina, sai che oggi ho conosciuto un nuovo amico?” La madre, volendo indagare, incalzò: “Veramente, Tommaso? E dove?” Così il topolino iniziò a raccontare: “Ero a prendere il sole sopra un masso, mamma, quando, aprendo gli occhi, ho visto un esserino esile, esile, tutto verde e contorto che ergeva il capo dinanzi a me e mi guardava incuriosito. Che tipo strano! Dovevi vederlo! Ma ancora più strana era la sua mamma, che cambiava abito nei pressi del ruscello. Tu, mamma, non hai mai fatto così!”
Mamma topo, a quelle parole, inorridì: “Tommaso, topino imprudente e disobbediente, sai in chi ti sei imbattuto? Sono serpenti! E tu sai che cosa fanno i serpenti a topini come te? Li mangiano in un solo boccone! Ahmm! E Tommaso non c’è più.”

Imprudentia nocet

martedì 14 luglio 2009

mercoledì 8 luglio 2009

Ai Potenti della Terra. G8 in Abruzzo

Tu che tremi ancora in più parti del mondo facendo ascoltare la veemenza della Tua voce, Tu che vieni violato dalla bramosia di certi potenti, Tu che, nonostante tutto, provvedi ancora al nostro pane quotidiano, Tu sai bene quanta infamia si consuma sulla Tua "pelle".
San Francesco d'Assisi avrebbe detto: “Laudato si', mi Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti fior et herba.”
A nulla valgono i Tuoi lamenti, i Tuoi boati, le esplosioni delle Tue collere, mentre certi Grandi continuano, inebriati dai fatui successi, insuperbiti dalla smisurata ricchezza, sordi al dolore e alla
disperazione dei Tuoi figli, dei loro fratelli.
Si sentono padroni della Terra, di Te che sei la vera Signora, la Madre.
Cara Madre Terra, si potrebbe proprio dire che hai covato una serpe in seno. Già, l’uomo, ingordo e famelico, arrogante e prepotente, quel Caino, è la vera serpe nel Tuo seno. La Bibbia non sbaglia.
Cara Madre Terra, ora tocca a Te. Fa sentire forte la Tua voce. Fa che certi Signori, padroni delle armi, padroni della guerra, padroni dell’oblio, padroni della vita e della morte dei loro fratelli, padroni della menzogna si ravvedano. Fa che per un solo istante vedano con gli occhi del cuore che cosa significhi un figlio morto, un marito senza lavoro o torturato, una sorella stuprata, una figlia umiliata, una madre o un padre senza più forze e lacrime da versare. Fa che per un solo istante, quei Signori, rapiti in un sogno profetico, vedano il proprio desco coperto da insetti, piuttosto che dai succosi frutti dati dal Tuo humus; fa che vedano i figli con lo sguardo perso nel vuoto e il ventre gonfio di ascite. Forse solo allora temeranno e tremeranno.
Solo allora spereranno in un mondo più giusto, un mondo dove si possa pregare così
Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature. Solo allora Tuo figlio, l’uomo, tornerà a guardare negli occhi l’altro Tuo figlio, suo fratello. Solo allora i Tuoi frutti saranno equamente divisi e distribuiti. Solo allora vi sarà un mondo di fratellanza, uguaglianza e libertà e Tu gioirai come tutte le madri felici di sapere i propri figli in pace e in armonia.

I have a dream.

martedì 5 maggio 2009

Una vera epifania: lunedì 7 gennaio 2008

Stavo preparando il convegno del 17 gennaio 2008 “Legalità e Dignità. La legalità a garanzia e tutela dei diritti dell’uomo e del cittadino” , pubblicato sul sito www.csachieti.it e aspettavo dalla Fondazione “Rita Levi Montalcini” una risposta in merito alla partecipazione dell’illustre Senatrice al convegno in parola.
L’attesa era tanta e la risposta, dati i numerosi impegni della Prof.ssa Montalcini, tardava ad arrivare, quando la mattina del 4 gennaio la d.ssa Giuseppina Tripodi, fidata e fedele collaboratrice della scienziata, mi confermava che il Presidente della CPS di Chieti, Dino Serafini, ed io, docente referente della Consulta, saremmo stati ricevuti dalla Professoressa presso la Fondazione Levi Montalcini a Roma, lunedì 7 gennaio 2008.
Il viaggio Chieti – Roma, con l’allora Segretaria della Consulta, è stato contraddistinto dall’attesa e dalla trepidazione per un incontro certamente unico, irripetibile e indimenticabile: un Premio Nobel, non solo per la medicina (1986). Un vero Premio Nobel anche per la vita: Donna esemplare di vivacità intellettuale, di fulgido coraggio e ingegno, di dedizione e abnegazione, modello per le giovani generazioni che hanno perso, o non hanno mai avuto, il senso della dignità della propria persona.
A Roma dinanzi alla Fondazione abbiamo incontrato il Dott. Fabrizio Franceschelli, regista della trasmissione “Chi l’ha visto?” di Rai2, il quale ha curato le riprese di quell’incontro e la registrazione del messaggio che la Senatrice ha voluto rilasciare agli Studenti di Chieti.
L’incontro è stato per me molto emozionante. La semplicità dei modi, l’umiltà dell’approccio, il calore umano testimoniato verso i giovani Studenti, la lucidità della mente che si è espressa in un fiume di parole consone e pertinenti hanno fatto sì che non solo si confermassero la stima e la grande ammirazione che nutrivo nei confronti della prof.ssa Levi Montalcini, ma che esse aumentassero.
Attesto che il Presidente e la Segretaria della Consulta, intervenuti in rappresentanza di tutti gli Studenti della provincia di Chieti a quell’incontro, hanno provato gli stessi sentimenti ed emozioni.
Concludo affermando che il 7 gennaio 2008 si è celebrata per noi una vera epifania.

Gabriella Toritto