Pubblicato il 27 giugno 2019 su "Il Grande Sorpasso"
Appuntamento con le Storie
Inizia da questo mese una rubrica “Appuntamento con le Storie” in cui saranno trattate le vite e le vicissitudini di illustri uomini e donne italiani, raccontate a puntate.
La Famiglia Rossetti (prima parte)
Le origini della famiglia Rossetti sono avvolte nel mistero. A prestar fede ai racconti di Gabriele (riferiti dal figlio William), i Rossetti discendevano da un ramo della famiglia vastese dei Della Guardia e il cognome derivava da un soprannome che alludeva alla capigliatura rossiccia di alcuni suoi membri. Tale leggenda tuttavia non trova riscontro nei documenti ufficiali.
Di certo si sa che sul finire del Settecento viveva a Vasto Nicola Rossetti, di professione fabbro-ferraio, che, Maria Francesca Pietrocola, ebbe da lei sette figli: tre femmine (Angiola Maria, Maria Giuseppa, Maria Michela) e quattro maschi (Andrea, Antonio, Domenico e Gabriele).
La numerosa famiglia risiedeva in una casa (oggi sede del Centro Europeo di Studi Rossettiani), dalla singolare forma torreggiante, posta ai margini del centro storico su un’altura orientale che guarda il golfo di Vasto.
Il primo illustre membro della famiglia fu Gabriele Rossetti, poeta e patriota esule, nato proprio a Vasto, capostipite della famiglia di artisti e letterati vissuti in Inghilterra. Poi ci fu il figlio Dante Gabriel, poeta e pittore, fondatore della Confraternita dei Preraffaelliti e traduttore di Dante. Quindi William Michael, altro figlio del patriota, critico letterario. Una figlia di Gabriele, Maria Francesca, suora anglicana, fu insigne critica letteraria e traduttrice di Dante. L'altra figlia, Christina, fine poetessa, morì per un male incurabile e fu successivamente riscoperta dai movimenti femministi che riconobbero nelle sue opere delle tematiche moderne, vicine alle donne.
Gabriele Rossetti, ultimo di sette figli, nacque a Vasto il 28 febbraio 1783. Dei suoi primi anni di vita si sa solo che ebbe una precoce vocazione per la poesia, per il disegno e il canto.
Gabriele visse la sua infanzia in condizioni economiche non erano floride ma ricevette un’istruzione adeguata. Ebbe probabilmente come primo maestro il fratello Andrea, canonico della cattedrale di S. Maria Maggiore, più anziano di diciotto anni. Raffinò la sua inclinazione per il disegno sotto la guida di Nicola Tiberi; studiò filosofia con Padre Vincenzo Gaetani del Collegio del Carmine; fu educato al culto dei classici da Benedetto Maria Betti. Quest’ultimo, erudito settecentesco, influenzò la sua formazione culturale. Lo avviò alla conoscenza e al culto di Dante Alighieri. Diversi biografi hanno ravvisato proprio nell’insegnamento di Betti le origini di quell’interesse per Dante che avrebbe accompagnato Gabriele e i suoi figli per il resto della vita.
Del primo periodo della sua vita sono noti pochi altri fatti. Teodorico Pietrocola Rossetti, nipote di Gabriele e suo primo biografo, riferisce del ruolo di osservatore avuto dallo zio nella sommossa popolare che insanguinò Vasto nel 1799. Si trattava di una reazione sanfedista contro la “repubblica giacobina” instaurata nel regno di Napoli con il sostegno dei Francesi. In quell’occasione Gabriele, che aveva imparato il francese da autodidatta, fu chiamato più volte a fare da interprete.
Rossetti fornì prova delle sue capacità poetiche precocemente, sia in composizioni scritte sia in performances “all’improvvisa”. La fama del giovane poeta crebbe rapidamente nella natìa Vasto e ben presto travalicò i confini cittadini. In particolare è lo stesso Gabriele a ricordare come un suo componimento poetico del 1804, scritto in occasione della morte della moglie di un notabile locale, Vincislao Mayo, finì nelle mani del Marchese del Vasto, Tommaso d’Avalos, maggiordomo presso la corte partenopea, che lo chiamò a Napoli offrendogli protezione e la possibilità di completare la sua formazione. Sul finire del 1804 Rossetti lasciò Vasto alla volta di Napoli. Non avrebbe mai più fatto ritorno nella sua città.
A Napoli egli continuò i suoi studi presso l’Università conseguendo, secondo qualche biografo, anche la laurea. Trovò buona accoglienza nei circoli colti e nelle accademie della città, acquistando altresì notorietà per la sua facile vena poetica: «molti nobili − ricorda a questo proposito il nipote Teodorico Pietrocola Rossetti − per parere saputi, mendicavano da lui il sonetto, e l’ode, e la canzone, e poi li spacciavano per cosa propria». Entrò poi nell’agone politico, schierandosi nel 1806 a favore dell’ascesa di Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, al trono di Napoli.
Le poesie dedicate gli guadagnarono le simpatie del nuovo re. Ebbe così un incarico, regolarmente retribuito, di «conservatore ed illustratore della parte delle statue antiche di marmo e di bronzo» nel Real Museo di Napoli.
Rossetti, però, aspirava ad avere un ruolo di rilievo nell’ambito dell’attività teatrale partenopea. Per il teatro S. Carlo aveva già prodotto alcuni libretti per musica e andava componendo tre drammi lirici, Giulio Sabino, Il Natale di Alcide, Annibale in Capua, con l’obiettivo di divenire il poeta “ufficiale” del teatro. La sua aspirazione venne, tuttavia, vanificata dagli eventi. Gioacchino Murat, succeduto a Giuseppe Bonaparte sul trono di Napoli nel 1808, soppresse la Commissione de’ Teatri e Spettacoli, frustrando le ambizioni di Gabriele che ambiva alla segreteria di quell’organismo gestore del Teatro S. Carlo. I rapporti con il nuovo re e con la famiglia di Napoleone rimasero comunque buoni, sebbene alcuni biografi sostengano il contrario, accentuando lo spirito libertario e antimurattiano del poeta in funzione già risorgimentale.
Murat stesso, a riprova dell’immutata amicizia, conquistata Roma nel gennaio 1814 e insediatovi un governo provvisorio, nominò Rossetti “segretario del Dicastero dell’Istruzione Pubblica e delle Belle Arti” (incarico che ricoprì per alcuni mesi). A Roma, tra l’altro, il poeta vastese divenne socio dell’Accademia Tiberina e dell’Arcadia, prendendo il nome “pastorale” di Filidauro Labidiense.
Fu affiliato alla Carboneria e svolse la mansione di segretario del Distretto Carbonaro di Napoli. Del resto fino ai moti rivoluzionari del 1820-21 la Carboneria era largamente tollerata dal potere politico. Anzi, nel periodo murattiano, era stata incoraggiata dal sovrano. Gli eventi comunque precipitarono proprio nel 1820 e Rossetti si ritrovò, suo malgrado, a essere poeta della rivoluzione: “Tirteo d’Italia”, cioè cantore dei valori patriottici come il poeta greco del VII secolo a. C..
L’insurrezione, deflagrata sotto le insegne della Carboneria agli inizi del luglio 1820 a Nola e poi a Napoli, costrinse Ferdinando I a concedere la Costituzione e a promettere un governo ispirato ai principi di libertà e di partecipazione popolare. Rossetti, nell’entusiasmo generale, salutò l’avvenimento alla sua maniera, con un Canto estemporaneo fatto nella Brigata degli Amici della Patria, la sera del 9 luglio.
Represso il moto insurrezionale e in clima di restaurazione, quando il monarca Ferdinando I tornò nella pienezza dei suoi poteri, condannò Rossetti nelle liste di proscrizione.
Gabriele fu salvato da amici ed estimatori. Il 20 aprile 1821 il poeta lasciò Napoli a bordo di una nave inglese. Il 2 maggio successivo giunse a Malta, isola che, sotto la sovranità inglese, accoglieva già molti rifugiati politici.
Iniziava per il poeta un viaggio senza ritorno: l’esilio perpetuo.
F.to Gabriella Toritto
Fonte: I ROSSETTI – ALBUM DI FAMIGLIA – DOCUMENTI, TESTIMONIANZE, IMMAGINI, a cura di Gianni OLIVA – Casa Editrice CARABBA, 2010