giovedì 23 aprile 2020

Giosuè Carducci  (prima parte)
Aula in cui Carducci insegnava
In questo articolo tratteremo di  Giosuè Carducci, del poeta giambico e barbaro, dell’erudito inappuntabile, dell'insegnante carismatico, del conservatore sovversivo (come lui stesso si definiva) ma più di ogni altra cosa racconteremo la sua avventura umana.

Giosuè Carducci fu definito il "Vate della Terza Italia" per la sua poesia eroica e per il prestigio che gli fu riconosciuto dopo l'Unità del Regno d’Italia. Fu anche critico e studioso.
Nacque a Valdicastello, frazione di Pietrasanta, in Versilia, nel 1835 dal medico condotto  Michele Carducci e da Ildegonda Celli. Trascorse l'infanzia a Bòlgheri , nella Maremma pisana, dove il padre fu trasferito.

Così scrive Carducci ad Angelo De Gubernatis il 14 gennaio 1877: “Nacqui il 27 Luglio 1835 in Valdicastello di Versilia. A tre anni lasciai la patria, e fui sotterrato nelle maremme pisane. A otto anni cominciai a studiar latino. M'insegnava mio padre. L’applicazione assidua su gli autori latini a cui mi costringeva  fu quella che in seguito mi fece riuscir qualche cosa nelle scuole di Firenze. A 12 anni spiegavo Virgilio e, sapevo a mente  i primi 4 libri delle Metamorfosi. Le febbri maremmane che a 70 anni vennero a visitarmi e mi tennero compagnia per due annate in sempre più m'infervorarono alla lettura di cui ero passionatissimo. Da bambino leggevo e leggevo, con un fervore con cui non ho mai letto romanzi, la Iliade tradotta da Monti e l'Eneíde dal Caro. A 13 anni avevo letto questi due poemi 4 volte, e 3 volte il Tasso.  L’Ariosto, da bambino non potetti mai leggerlo. Ma la rabbia con cui leggevo Omero, Virgilio e [il] Tasso è inesplicabile. Fin quando la febbre mi ardeva tutto, io volevo il Tasso e i miei delirj eran sempre di battaglie. A 11 anni presi l’Alighieri, lessi in un giorno (e mi ricordo era una domenica d'estate) tutto l'Inferno. Intesi poco, ma quella dura e muscolosa espression di verso mi rapiva. Il Purgatorio e il Paradiso però non li lessi. Con più avidità leggevo storie di qualunque genere si fossero e, la Storia universale del Cantù, che ora leggo tanto malvolontieri, era allora la mia prediletta ( …)  Al fine, le storie romane e quella a me direttissima, la Disfida di Barletta, e le poesie di Berchet che io sapevo tutte a mente a 11 anni mi avevan  pieno del furore della libertà. Per cui  io disposi, e me ne ricorderò sempre, fra miei fratelli e in pochi compagni una Repubblica, e si faceva  magistrati e monete di carta ed avevamo scelto le nostre province fra quei boschi di maremma, e tutto con nomi classici, Arconti, Consoli, mine, talenti, comizi, province galliche, province libiche, colonie. E combattevamo spesso con sassi e bastoni, gli uni Romani, Galli e Africani gli altri, gli uni Ghibellini, gli altri Guelfi; ed io volevo essere sempre romano o guelfo. Al fine vennero le convulsioni politiche del ‘46 e ‘47. Il furore dell'entusiasmo era veramente inesplicabile in un fanciullo di 13 anni. Ma io, sempre più infervorato dalla lettura della rivoluzione francese, sognavo le repubbliche, e fui ritrosissimo ad applaudire Principi e fui il primo a maledirli. Nella primavera del ‘48 passai da Bolgheri a Castagneto.”


2° Casa di Strada maggiore - Bologna

La Maremma fu il luogo che spesso tornò nella sua lirica "dolce paese, onde portai conforme / l'abito fiero e lo sdegnoso canto ". La famiglia Carducci rimase a Bòlgheri fino al 1849, quando si trasferì a Castagneto e poi  a Firenze.
Dunque fin da bambino Carducci si infiammò di amore per i classici e per la repubblica, a cui si votò coinvolgendo chi incontrava, i suoi studenti, ad esempio. L'insegnamento, per Carducci, sempre fu cosa sacra, da esercitare non solo con amore e con zelo, ma con la coscienza che quel particolare officio fosse l'espressione di un dovere, il compimento quotidiano di una missione.  A questo Carducci dedicò la propria esistenza, non con proclami in aula, ma con l'educazione agli studi severi, impartita prima a se stesso e poi agli scolari. Quando arrivò a Bologna, il 10 novembre 1860, Carducci trovò una città moderna, “stupenda”. Più di ogni altra – più di Pistoia o Firenze, di San Miniato o Pisa – Bologna offriva al giovane professore le giuste opportunità per il perfezionamento dell’uomo e del cittadino, del poeta e dell’educatore.
Casa Carducci
Si laureò nel 1856 alla Scuola Normale di Pisa. Insegnò subito dopo a San Miniato. Nel 1859 sposò Elvira Menicucci, dalla quale ebbe quattro figli: Dante, Bice, Laura e Libertà.  L’anno dopo Terenzio Mamiani, ministro dell'Istruzione,  gli conferì  la cattedra di Letteratura Italiana presso l'Università di Bologna.
La morte del fratello Dante, suicida, e poi del padre costrinsero Carducci a provvedere al mantenimento della madre e del giovanissimo fratello Valfredo e a dedicarsi esclusivamente all’insegnamento e alla poesia. In questo periodo compose le liriche comprese in "Levia gravia" (1861 - 1871) e in "Giambi ed epodi" (1867 - 1872).
La libertà della quale Carducci fu religioso cultore era, innanzi tutto, una libertà di pensiero, di temperamento, un’insofferenza verso ogni forma di costrizione. Per questo si trovò non di rado sotto processo. A San Miniato fu «sottoposto a seria e autorevole ammonizione», invitato «a comportarsi d’ora in avanti nei luoghi pubblici in quel modo prudente e tranquillo come deve un buon cittadino e come più specialmente si esige nella posizione sociale, in cui egli è costituito».  Veniva inoltre accusato di essere «indifferente in fatto di religione», con un’accusa che, nella Toscana granducale, poteva condurre lontano, perfino all’esclusione dall’insegnamento. A chi, come Pietro Fanfani, lo accusava di essere un «giovine di 21 anno che non fa professione d’anacoreta», rispondeva sdegnato:  «Da codesta frase  così industremente disposta, così industremente colorita, traluce un non so che di orge, di bische, di lupanari. Sappi dunque che un giovine dal Real Governo reputato a 18 anni per non indegno di esser tenuto a studio di filosofia e di filologia, e a 21 dichiarato idoneo a insegnar greco, latino, toscano e filosofia e storia, ne’ biliardi e nelle osterie e ne’ bordelli non può aver conversato gran tempo. E il Carducci come cittadino non ha adulato mai nessun partito, ma neppur mai ha barattato bandiera, come non si è mai strisciato a nessun potente per fame o di nomea o di pane, benché neppur questo egli abbia sicuro, egli miserabile ma libero e sincero uomo. E basta: ché mi pesa parlar più oltre di me: ma talvolta dalla bassezza di chi ti circonda sei costretto a  farti basso anche tu».

A Bologna, per le sue posizioni politiche,  venne minacciato dal Ministro della Pubblica Istruzione di trasferimento a Napoli, a insegnarvi latino.
La regina Margherita di Savoia
Dopo la nomina all'Università di Bologna il giovane professore si trasferì (1860) con la madre e con la moglie nella città che più di ogni altra avrebbe amato e nella quale avrebbe vissuto, come scriverà ad Adriano Lemmi molti anni più tardi, "la vita vera". 
Per Carducci iniziò una nuova stagione, ove, con crescente autorevolezza, si affermò il suo ruolo di poeta, di educatore e costruttore dell'identità nazionale.  Nel frattempo, amicizie e affetti si intrecciarono agli studi e alla passione politica, si ché di questa e di quelli sostennero lo slancio e ne resero il fervore con una nota di schietta umanità.
Di Carducci ricordiamo queste parole:  «Noi viviamo in un tempo d’accomodamenti così graziosi, di silenzii così prudenti, di pause così puntuali, di combinazioni così sottili, d’educazione così squisita, che la maggior difficoltà nel commercio con gli uomini non è di cattivarsene i favori, ma di capirne il pensiero e la coscienza. Nessuno è nemico di nessuno. Tutti per qualche verso ci  compatiamo. […]. Tutt’è buono, tutt’è bello e perciò anche tutt’è lecito. Le ribellioni sono giudicate prima di cattivo gusto, poi dannose per i ribelli, incomode per gli spettatori dattorno. Tutt’i pagamenti si fanno in moneta spicciola: i grandi valori non hanno corso».

FONTI: CARDUCCI, VITA E LETTERATURA. DOCUMENTI, TESTIMONIANZE, IMMAGINI
A cura di Marco VEGLIA
Casa Carducci Bologna
Casa Ed. Rocco Carabba



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